Anna Politkovskaia, una giornalista moscovita notissima soprattutto per le sue inchieste sulla Cecenia e per le coraggiose denunce della politica del Cremlino e dei massacri, delle torture, delle sevizie di cui si rende responsabil e da anni, prima sotto Eltsin poi con Putin, l'esercito russo in quel Paese, è stata assassinata a freddo da un ignoto killer. Un omicidio che mette i brividi e la dice lunga sui metodi della cricca di potere che ruota intorno al presidente russo.
L'inchiesta sarà condotta direttamente dal Procuratore generale, che è come dire che il controllore sarà colui che dovrebbe essere controllato. A Mosca si è talmente convinti che questa inchiesta non porterà a nulla che il segretario dell'Ordine dei giornalisti russi ha annunciato un'indagine indipendente dichiarando: «Non c'è nessuna speranza che da quella ufficiale arrivino risultati». Ma è molto difficile che ne arrivino anche dall'indagine indipendente perché l'organizzazione del delitto è, con tutta evidenza, opera di professionisti ed è probabile che lo stesso killer sia già stato fatto fuori per cancellare qualsiasi traccia che possa portare troppo in alto.
Fin qui lo stato dell'arte in un Paese ritenuto civile, democratico o comunque avviato sulla strada della democrazia. Ma i Paesi europei e gli Stati Uniti che oggi chiedono un "inchiesta seria" su questo rabbrividente assassinio piangono lacrime di coccodrillo. Perché è da quel di chi han lasciato Anna Politkovskaia sola con le sue denunce e il suo coraggio.
Da anni il genocidio del popolo ceceno viene sistematicamente ignorato o del tutto sottostimato dai leader occidentali. L'ex presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, dopo un incontro con Putin, arrivò ad affermare pubblicamente in una conferenza stampa che in Cecenia non c'era alcun massacro ad opera dell'esercito russo. E a un giornalista che gli chiedeva come facesse ad esserne così sicuro rispose, col suo soave sorriso: «Me lo ha garantito Putin».
Ci si è molto indignati per il feroce attentato di Beslan, dovuto all'esasperazione di decenni di repressione sanguinaria, ma si fa finta di ignorare che in Cecenia i russi hanno ammazzato 200 mila civili, un quinto della popolazione, e rasa quasi al suolo la capitale Grozny dove ora impera Ramzan Kadyrov, uomo di Putin, soprannominato significativamente «lo Stalin ceceno» leader occidentali che fanno il ponte isterico pur di non stringere le mani di Ahmadinejad, che non sono, almeno per ora, sporche di sangue se non di soldati iracheni quando, soldato anch'egli, combatteva nella guerra che l'Iraq si Saddam Hussein aveva scatenato contro l'Iran, non si fanno alcuno scrupolo a stringere quelle di Putin e magari si baciano sulla bocca alla moda russa.
Il perché è evidente. La Russia, a differenza dell'Iran, è un colosso che può essere realmente pericoloso e quindi conviene far finta che il suo leader, ex dirigente del famigerato Kgb, sia una brava persona, che la Russia sia democratica e che il genocidio ceceno sia una favola. Inoltre la Russia fornisce all'Europa un quarto degli approvvigionamenti energetici (gas e petrolio) di cui ha bisogno e gli investimenti occidentali in terra di Russia sono colossali. La Russia, potenza atomica che siede nel Consiglio di Sicurezza con diritto di veto, è partner indispensabile per arrivare a quelle sanzioni contro l'Iran di dubbissima legittimità che sono uno degli obiettivi della politica americana. E allora è meglio lasciarla stare e ignorare quei «diritti umani» di cui ci riempiamo quotidianamente la bocca.
La morale occidentale marcia costantemente su un doppio binario. Ecco perché, anche, non ha nessuna credibilità e nessuna presa al di fuori del nostro mondo.
Dal sito di Massimo Fini
Sunday, November 12, 2006
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1 comment:
Sull'atteggiamento della Russia nei confronti dei ceceni ho un'opinione diversa: dietro c'è l'Arabia Saudita che non è meglio del "regno di Putin".
Comunque le parole di Fini sono stimolanti: è uno dei pochi giornalisti che abbiamo in Italia.
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